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Antiche case del lago d'Orta

I tetti di paglia, oggi praticamente scomparsi, rappresentavano da tempo immemorabile uno dei modi più semplici per proteggere e ricoprire le costruzioni umane.

I tetti in paglia sono presenti presso quasi tutti i popoli agricoltori-allevatori, ma quello che caratterizza il tipo europeo è che la paglia viene posta con la parte più sottile (spighe) verso l’interno e quella più grossa verso l’esterno.

Sino al XIV secolo la paglia veniva ampiamente usata, non solo nelle campagne, ma anche nelle città: tuttavia per motivi igienici e per l’alta facilità di incendio (anche procurato da eserciti invasori) nei secoli successivi viene sostituita da tetti in ardesie o cotto. Resiste invece nelle campagne anche grazie all’alta disponibilità delle colture cerealicole.

La paglia più usata è quella di segale e se ben eseguito un tetto di questa tipologia può durare fino a cinquanta anni.

La paglia si comporta da ottimo isolante mantenendo l’edificio fresco d’estate e caldo d’inverno e favorendo la traspirazione degli ambienti.

La segale, un cereale simile al frumento, veniva seminata all’inizio dell’autunno e la mietitura avveniva a partire dal mese di giugno dell’anno successivo. Affinché la paglia potesse essere usata per costruire dei tetti, andava tagliata con la falce messoria il più possibile vicino al terreno evitando di piegare gli steli. Impossibile meccanizzarne la raccolta e questo è uno dei motivi principali per il quale non si produce più paglia per i tetti. Successivamente avveniva la battitura della segale per separare i chicchi dalla paglia.

Da un lato si ricavava la preziosa granella ad uso alimentare dall’altro si garantiva la durata della futura copertura. Infatti oltre al fuoco ed al vento, uno dei principali nemici dei tetti in paglia sono i roditori, attirati dai chicchi rimasti accidentalmente tra la paglia, sono in grado di scavare delle vere e proprie gallerie all’interno del tetto compromettendolo irrimediabilmente.

La carpenteria veniva realizzata con legno locale, anche grazie al fatto che i tetti in paglia non presentavano pesi eccessivi e pertanto non richiedevano travi particolarmente robuste. I contadini si adattavano usando quello che i boschi circostanti poteva fornire.

E’ evidente che particolare attenzione veniva fornita agli edifici costruiti in zone ad alto innevamento.

In ogni caso i tetti in paglia sono quasi sempre associati a pendenze delle falde molto ripide. Questo al fine di favorire lo scivolamento dell’acqua e della neve.

La copertura con la paglia poteva avvenire sostanzialmente in due modalità, verticale od orizzontale.

A partire dagli anni 20 del 1900 con l’introduzione del filo di ferro, si semplifica notevolmente la tecnica di posa ed il fissaggio della paglia. Fino ad allora veniva usato soprattutto il salice selvatico, tagliato d’autunno e lasciato a bagno prima dell’uso.

Il punto più delicato della copertura è il colmo dove la paglia è completamente esposta alle intemperie. Ci sono varie soluzioni a seconda della zona per ottimizzare questa parte; nel caso della copertura in segale il sistema più diffuso consiste nel ripiegare sulla falda opposta la paglia eccedente fissandola poi con due robuste barre che tengono pressata la paglia garantendone la tenuta. Il metodo più raffinato prevedeva l’intreccio della paglia sul colmo, ma tale sistema non risultava molto diffuso in quanto l’operazione richiedeva una grande abilità e forza di gambe.

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